III° Capitolo della mia Predittiva Trilogia Trumpiana : ovvero perché la Cina rimarrà una potenza “glocal”.

Trump, contro la Cina sta adottando la Dottrina Reagan che piegò l’URSS.
(Un post scriptum in calce all’articolo a riguardo di USA/Russia in Venezuela)

Dunque, analisti europei rassegnatevi sulla Cina e non propalate false speranze ai nostri imprenditori e ai nostri popoli ma cogliete le nuove opportunità.

Sono tre mesi che vorrei pubblicare ciò che sto per scrivervi ma non riuscivo mai a trovare il tempo perché sono abituato da studioso serio e appassionato di Geopolitica e Intelligence a supportare le mie considerazioni con solide pezze di appoggio e, nei vent’anni che pubblico nel mio Blog, nessuno è riuscito ex post a smentirmi o a rinfacciarmi di avere scritto delle fesserie.
Questa volta faccio un’eccezione; non nel senso che intendo scrivere delle fesserie ma nel senso che scriverò delle considerazioni sulle quali dovrete far affidamento sulla fiducia, perché non ho realmente il tempo di argomentarle con la mia consueta completezza.
Pertanto perdonerete la mia relativa rozzezza nello svolgimento concettuale di questo lavoro III° capitolo della mia “Trump Trilogia Predittiva” e che ne rappresenta la prosecuzione e la conclusione della trilogia appunto.

Vedi link al Capitolo I° https://geointelblog4italianpmi.com/2018/12/03/1capitolo-della-mia-trump-trilogia-predittiva/
E vedi link al Capitolo II°
https://geointelblog4italianpmi.com/2019/01/21/2capitolo-della-mia-trump-trilogia-predittiva/
E vedi link all’Anteprima della mia Trilogia Trumpiana Predittiva:
https://geointelblog4italianpmi.com/2018/11/12/anteprima-della-mia-trilogia-trumpiana/

La Sommaria Premessa alla mia Trilogia Trumpiana la redassi già all’indomani dell’elezione alla Presidenza di Trump: il 10 novmebre 2016.
In nuce c’era già tutto lì ciò a cui stiamo assistendo oggi, nel 2019.
In calce il link relativo:
https://geointelblog4italianpmi.com/2018/11/12/premessa-alla-trilogia-trumpiana-redatta-il-10-novembre-2016

In ogni caso, penso in vent’anni di pubblicazioni e trent’anni di studio, di non aver mai deluso chi mi segue (il mio Blog è seguito in 150 Paesi nel mondo).
E, qui per inciso, rivolgo un ringraziamento a colui che ritengo il mio maestro e mentore n.1 nel reperimento delle fonti e nella comprensione dei fatti, usando quell’incredibile tool che è l’ helicopter view e la capacità di cogliere i segnali deboli ( ovviamente si presumono di default studi intensi ed appassionati): Giancarlo Elia Valori.
(per chi volesse approfondire:
https://geointelblog4italianpmi.com/2014/01/18/giancarlo-elia-valori-lultimo-honorable/
Ovviamente gli aficionados che da due decenni seguono le mie considerazioni geopolitiche sanno che io pavento e metto in guardia invece da una saldatura molto più pericolosa sull’asse Mosca/Berlino in continuazione del mai sopito feeling tra le due potenze dai tempi del patto Molotov-Ribbentrop e che gli Stati Uniti, anche se non lo danno a vedere manifestamente, vivono con vero terrore …
Altro che Cina !

Tuttavia, siccome il tema dell’ultimo decennio è la preoccupazione per il neo espansionismo cinese, concludo la mia disamina in tre parti del problema, in parallelo quella dell’attuale amministrazione americana, la più rivoluzionaria dopo quella di Reagan.
Cominciamo ad assumere alcuni punti fissi che ho già ripetuto decine di volte ma i commentatori di più varia formazione e ideologia non colgono quasi mai:

Al di là della Unitary Executive Theory, il Presidente degli Stati Uniti d’ America rappresenta CORPORATE AMERICA e pertanto NON rappresenta sè stesso.

Probabilmente lo stesso Trump, all’inzio, anche per il suo carattere guascone, ha creduto di potersi muovere con più autonomia dei suoi predecessori ma il Deep State lo ha rimesso presto in riga.
Dunque Corporate America, seguendo le linee strategiche – minutamente definite come i piani quinquennali di sovietica memoria ( che pensavate… ? … Tutte le grandi potenze li hanno sia che abbiano regimi autoritari che democratici) – dei propri Think Tank, direttamente correlati ai dipartimenti universitari delle più blasonate università degli States e i cui uomini passano indifferentemente, in un sistema di vasi comunicanti, da Corporate America alle Agenzie di Intelligence e viceversa, da tempo pianifica il ridimensionamento del dragone cinese.

Ma prima facciamo analessi al 2001 quando gli USA diedero un’accellerata all’ingresso della Cina nel WTO, compiendo una vera rivoluzione economica, grazie anche ai sapienti lavori febbrili e propeudeutici di un uomo cruciale in questa storia: l’autorevolissimo ed esperto ambasciatore italiano Renato Ruggiero, direttore generale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) dal 1995 al 1999 (in seguito sarà designato prima come Presidente dell’ENI, poi Presidente per l’Italia di Schroder Salomon Smith Barney, infine presidente di Citigroup e vicepresidente della Citigroup European Investment Bank e presidente del Comitato consultivo internazionale di UniCredit).

Come ho già avuto modo di spiegare nei due precedenti articoli della Trilogia, la preoccupazione di Corporate America non era di portare il benessere a un miliardo e mezzo di cinesi, ma strategica/ economica, con una valenza tutta di politica interna.

Ma veniamo ai tempi nostri.
La Cina, come previsto, si allarga, si militarizza, comincia a rivendicare un ruolo di potenza globale.
Corporate America a questo punto decide che è giunto il momento di rimettere in riga i Cinesi.
In realtà, CA ( così chiameremo per brevità Corporate America) avrebbe già dovuto intervenire prima, ma, Corporate America B [ I Big Five​​Apple, Alphabet, Microsoft, Facebook e Amazon (B non per importanza ma per successione cronologica) subisce la fascinazione del lontano Oriente a causa delle radici culturali dei suoi fondatori e il perché lo ho già ampiamente spiegato nel secondo articolo della mia TRILOGIA PREDITTIVA SULL’ AMMINISTRAZIONE TRUMP al Capitolo II°:
https://geointelblog4italianpmi.com/2019/01/21/2capitolo-della-mia-trump-trilogia-predittiva/
Eh sì, perchè abbiamo un dualismo di pensiero in Corporate America: due scuole di pensiero che si scontrano sull’atteggiamento da avere con la Cina.
E questa volta, con l’elezione di Trump, prevale l’OLD Corporate America – quella dell’energia, del petrolio, degli armamenti, della produzione manifatturiera, delle costruzioni e dell’acciaio che ha la meglio sull’attendismo di Silicon Valley.

NEW Corporate America (B) vs. OLD Corporate America (A)

I cardini e le premesse del ragionamento di Old Corporate America sono i seguenti:
1. Gli Stati Uniti d’America sono l’unico vero mercato globale del mondo capace di autogenerarsi anche regime di autarchia protratto per un periodo relativamente lungo.
2. I Cinesi che potenzialmente potrebbero anch’essi creare un mercato autarchico decisamente interessante NON SE LO POSSONO PERMETTERE a meno di porre a rschio concreto l’attuale regime.
L’attuale “middle class” cinese, stimata intorno a circa 350 milioni di persone, non è espandibile se non mettendo a repentaglio la tenuta del regime.
La sua composizione infatti è strettamente legata, da motivi di clan e parentela, alla nomenclatura del regime e pertanto ad esso fedele e a cui deve tutte le sue fortune.
Un allargamento porterebbe alla massima fragilità il regime ed alla sua frantumazione.
3. La Cina, pertanto è legata a filo doppio all’esportazione che gli ha garantito, fino ad oggi, di non scendere sotto la soglia cruciale del 6% di incremento del PIL: tutti gli analisti concordano sul fatto che se quella soglia prendesse una piega discendente sarebbe difficile per il regime contenere il malcontento sociale e l’esplosione di dinamiche incontrollabili, anche considerando il fatto che la Repubblica Popolare Cinese non è un tutt’uno monolitico come potrebbe essere quello il Giappone imperiale, ma è costituito da varie popolazioni, tra cui alcune con forte spinte autonomistiche.
4. Il c.d. “Reshoring “, già in atto, sta indebolendo il manifatturiero cinese, creando disoccupazione e, per converso, beneficiando con ricadute positive i blu collar americani e rivitalizzando interi distretti produttivi in terra americana che la delocalizzazione aveva ridotto in deserti industriali.
5. La questione del debito USA in mano ai cinesi come punto di forza.

PREMESSA: è diffusa la convinzione che i cinesi “possiedono gli Stati Uniti” perché la Cina ha conquistato a dicembre 2018 il primo posto tra i creditori stranieri a $ 1.123 miliardi, seguita dal Giappone, a $ 1.042 trilioni. 
La realtà è molto diversa:
La Cina detiene circa rispettivamente il 5% del debito degli Stati Uniti.
Ci sono due principali ragioni economiche per cui i prestatori cinesi hanno acquistato così tanti titoli del Tesoro USA. 

A) Il primo e più importante è che la Cina vuole la propria valuta, lo yuan,ancorato al dollaro. 
Questa è stata una pratica comune per molti paesi sin dalla Conferenza di Bretton Woods nel 1944.
Uno yuan pegging in dollari aiuta a contenere il costo delle esportazioni cinesi, che il governo cinese ritiene sia più forte nei mercati internazionali. 
Ciò riduce però anche il potere d’acquisto dei percettori cinesi.
B) Questa è la seconda ragione per cui i cinesi vogliono i Treasury: sono essenzialmente riscattabili in dollari.
Il pegging del dollaro aggiunge stabilità allo yuan, dal momento che il dollaro è ancora visto come una delle valute più sicure al mondo.  
La Cina ha attirato alcuni titoli nel 2013 e 2014 per aver acquistato molto oro da conservare nei suoi caveau delle banche, ma la vera rete di sicurezza per lo yuan è l’affidamento mondiale del dollaro.
Ciò premesso ne consegue che:
C) Mentre circa il 5% del debito nazionale non è esattamente insignificante, il Dipartimento del Tesoro non ha avuto problemi a trovare acquirenti per i suoi prodotti anche dopo un downgrade del rating . 
Se i cinesi improvvisamente decidessero di ricorrere a tutti gli obblighi del governo federale (cosa non possibile, date le scadenze dei titoli di debito), è molto probabile che altri entrerebbero al servizio del mercato. Ciò include la Federal Reserve, che già possiede più di tre volte più debito della Cina.
D) In secondo luogo, i cinesi si affidano ai mercati americani per acquistare beni prodotti in Cina. 
La soppressione artificiale dello yuan ha reso difficile l’accesso a questi beni per una crescente classe media cinese , quindi le esportazioni sono necessarie per far funzionare le aziende.

Esaminiamo la situazione attuale: i cinesi acquistano banconote da un dollaro sotto forma di buoni del tesoro. 
Questo aiuta a gonfiare il valore del dollaro. 
In cambio, i consumatori americani acquistano prodotti cinesi a basso costo e capitali di investimento in entrata. 
Il consumatore americano medio ha un vantaggio dagli stranieri che forniscono servizi a basso costo e che in cambio ottengono solo pezzi di carta.

Insomma, con una conclusione raffinata, direi che i cinesi se lo prendono nel culo ( usando un’espressione diffusa a Cambridge).

6. Ultimo punto strategico è, che l’America, con questa guerra economica, ottiene altresì di ridimensionare notelvomente le velleità internazionali della Unione Europea, la quale avendo la sua forza essenzialmente nella sua manifattura da esportazione, si troverà in maggiori problemi economici di quanto ne abbia tuttora anche grazie alla scellerata politica di surplus dell’area tedesca della UE.
Gli Usa inoltre esplicherebbero la loro vendetta per il fallimento del TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership).

In realtà il vero scopo degli Stati Uniti è di incoraggiare una forte Europa orientale, con paesi leader, come la Polonia e l’Ungheria, a fungere da baluardo contro il revisionismo russo.

Mentre alla fine degli anni ’40, era logico spingere l’Europa, in particolare Germania e Francia, a riconciliarsi, specialmente di fronte a una comune minaccia sovietica, ora gli USA e Corporate America ha tutto l’interesse contrario: aggredire e contrattare bilateralmente con ciascun paese europeo – divide et impera – e incoraggiare i populismi sovranisti europei in funzione disgregante.
Gli USA non troveranno certamente che una debole opposizione a questo disegno di sfaldamento dell’Europa data la politica utilitaristica e senza ideali di nazioni come la Germania, che considera l’UE come un’organizzazione di facciata e l’euro come un super-marchio.

Il Vice Presidente Mike Pence in questo intervento del 4 ottobre 2018 ha accusato la Cina di “intromettersi nella democrazia americana”, in un discorso ad ampio raggio.
Ha anche criticato la militarizzazione cinese delle aree contese nel Mar Cinese meridionale e orientale, la sua pratica della “diplomazia del debito” nei paesi in via di sviluppo e gli sforzi per convincere altre nazioni a tagliare i legami con Taiwan.

Vice President Mike Pence’s China Speech at Hudson Institute

Nell’ordine Pence ha affermato:
1. Pence ha accusato la Cina di usare il commercio, le aperture diplomatiche e l’espansione militare per diffondere la sua influenza, e ha invitato i leader aziendali americani, accademici e giornalisti a contrastare la campagna di Pechino.
2. Pence ha inoltre affermato “Come mi ha riferito un senior alto vertice della nostra comunità di intelligence proprio questa settimana, quello che i russi stanno facendo impallidisce rispetto a quello che la Cina sta facendo in questo paese”, ha detto Pence“E il popolo americano merita di saperlo.”
Trump “non si tirerà indietro” dalla sfida, ha detto Pence. 
Ha aggiunto che la Cina “vuole un altro presidente americano” e che “sta intromettendosi nella democrazia americana” prima delle elezioni di medio termine; un’accusa che rieccheggia una visione che il presidente aveva sollevato per la prima volta alle Nazioni Unite la settimana precedente.
3. Inoltre ha affermato che “Pechino ora richiede a molte aziende americane di consegnare i loro segreti commerciali come il costo di fare affari in Cina. Inoltre, coordina e sponsorizza l’acquisizione di aziende americane per acquisire la proprietà delle loro creazioni “, ha detto Pence“Peggio ancora, le agenzie di sicurezza cinesi hanno ideato il furto all’ingrosso della tecnologia americana – inclusi progetti militari all’avanguardia”
4. Ha invitato Google a interrompere lo sviluppo di “Dragonfly“, un nuovo motore di ricerca per il mercato cinese che i critici hanno affermato che consentirebbe alle ricerche di informazioni di essere più facilmente tracciate dal governo. L’applicazione “rafforzerà la censura del Partito Comunista e comprometterà la privacy dei clienti cinesi”, ha detto Pence.
5. Ha anche accusato la Cina di usare la “diplomazia del debito” per intrappolare altri paesi nella cooperazione politica attraverso prestiti discutibili.
6. Riferendosi poi a Taiwan, Pence ha detto che mentre gli Stati Uniti continueranno a rispettare la politica di una sola Cina che riconosce l’autorità di Pechino, “l’America crederà sempre che l’abbraccio di democrazia di Taiwan mostri un percorso migliore per tutto il popolo cinese”.
7. Infine Pence ha cercato di mettere la Cina sulla difensiva dei diritti umani, citando la persecuzione di un milione di uiguri, un gruppo minoritario musulmano nella parte occidentale del paese, che sono stati detenuti nei campi di “rieducazione“.

Pence si riferiva alla regione dello Xinjiang, una regione autonoma del nord-ovest della Cina abitata soprattutto dagli uiguri, minoranza etnica musulmana accusata dal governo cinese di separatismo e terrorismo. Negli ultimi due mesi due importanti giornali americani hanno definito lo Xinjiang «uno dei posti più sorvegliati al mondo» (Wall Street Journal) e «una finestra sul possibile futuro dispotico creato dalla sorveglianza tecnologica» (BuzzFeed News).
Agli abitanti dello Xinjiang capita di doversi sottoporre a controlli di polizia più volte al giorno, oltre che a procedimenti di riconoscimento facciale prima di accedere ai distributori di benzina, agli hotel e alle banche.
Le autorità hanno il potere di registrare in maniera arbitraria tutte le telefonate provenienti dall’estero e di obbligare privati cittadini a installare sul telefono un’app capace di controllare tutti i messaggi in entrata e in uscita.

Life Inside China’s Total Surveillance State

Le affermazioni di Pence hanno rappresentato la più chiara dichiarazione che la Casa Bianca sta portando avanti una strategia più dura, che gli analisti esperti sinologi considerano l’inizio di una escalation strategia mirata se non a ridimensionare certamente a contenere fortemente l’ascesa della Cina. 
Il vicepresidente ha sottolineato che l’economia cinese è peggiorata negli ultimi mesi, attribuendo parte del declino alle tariffe dell’amministrazione Trump su oltre $ 250 miliardi di beni cinesi.
“Non vogliamo che i mercati cinesi soffrano. In realtà, vogliamo che prosperino “, ha detto Pence“Ma gli Stati Uniti vogliono che Pechino persegua politiche commerciali libere, eque e reciproche. E continueremo a resistere e chiedere che lo facciano “.

In che modo l’Asean e i suoi membri cercheranno di “contenere” la Cina nella regione ?

A view of Subi Reef and an array of vessels, seen from a U.S. Navy P-8A Poseidon reconnaissance plane during a mission to observe China’s militarization of islands in the South China Sea, in International Airspace, Sept. 5, 2018. The flight brings harsh Chinese challenges in officially international space. In congressional testimony by one officer, China is said to be capable of control over the South China Sea “in all scenarios short of war with the United States.” (Adam Dean/The New York Times)

L’Asia sudorientale è al culmine dell’oceano indiano e del Pacifico. Ciò rende l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN) una parte intrinseca di un discorso sul concetto geopolitico “indopacifico”. 
Introdotto da Giappone, India, Australia e Stati Uniti (USA), serve in parte a “contenere” la Cina nella regione.
La regione indo-pacifica può essere considerata una zona marittima delimitata dagli oceani indiani e del Pacifico e comprendente tutti gli stati all’interno dello spettro.
Nel 2017, gli Stati Uniti hanno adottato il concetto “Free and Open Indo-Pacific” (FOIP) nella strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti. 
Questo concetto enfatizza i principi di libertà di navigazione, stato di diritto e sovranità per i paesi della regione.
Giappone, India, Australia e Stati Uniti costituiscono il “Quad”, il raggruppamento strategico che il FOIP sposa.
 Il Quad non è esplicitamente proiettato come un’alleanza contro l’influenza cinese sulla regione. Ma sembra che almeno in parte serva a questo scopo.
Infatti, il ministro degli Esteri giapponese Taro Kono ha dichiarato nel 2017 che il Quad cerca di “contenere la Cina”.
L’ASEAN, fino ad ora, ha tradizionalmente tratto forza dalla sua unità nel trattare con le grandi potenze. 
Tuttavia, l’enigma indo-pacifico sembra essere un problema che potrebbe testare quell’unità. 
Il mancato rilascio di un comunicato congiunto sul Mar Cinese Meridionale (un sottogruppo chiave dell’Indo-Pacifico) alla Riunione dei Ministri dell’ASEAN nel 2012 è stato un notevole esempio di tale rottura.
L’India è pronta a corteggiare l’ASEAN nello sviluppo di una maggiore cooperazione marittima come contrappeso alla flessione militare cinese.
Date le sue dimensioni e la sua abilità militare, l’India potrebbe essere un partner efficace per i membri dell’ASEAN per rafforzare le loro capacità di difesa e preservare gli interessi nazionali lungo le loro coste. 
Discorsi di partenariati (o almeno la retorica pertinente) sono già in corso.

(Photo: Robyn Beck/AFP/Getty Images)

Andrew Kaczynski brillante giornalista americano e reporter politico per la CNN ci racconta come Trump, afferma di essere intenzionalmente vago sulla politica estera: « Ciò che dico non ha senso ? Non voglio che sappiano cosa stia pensando » Trump ha detto in un comizio in Oklahoma e ha aggiunto «voglio che le persone indovinino … Non voglio che le persone lo scoprano, non voglio che le persone sappiano qual è il mio piano, ho dei piani, ho dei piani ».
Ma Kaczynski ci dice anche che se avessimo letto (come io ho fatto) i libri di Trump come “The America We Deserve” del 2000 (“l’America che ci meritiamo“) in essi troveremmo le indicazioni, per sapere già allora esattamente quale sarebbe stata la sua politica estera. 
Trump dedica ad essa un intero capitolo del suo libro.
In esso Trump propone una serie di politiche, alcune delle quali colpiscono la Corea del Nord, l’Iraq e l’Iran se costruiscono bombe nucleari e si fanno dure con la Cina (in realtà non dice come). 
Trump propone di riportare a casa le truppe americane stanziate in Europa e di non inviare truppe per intervenire nei disastri umanitari a meno che non ci sia una chiara minaccia per gli Stati Uniti.
Ecco i punti salienti:

  • Trump era contrario ai trattati di non proliferazione nucleare, dicendo che solo gli Stati Uniti avrebbero obbedito.
  • Trump ha elogiato il presidente Ronald Reagan per il suo ruolo nel porre fine alla Guerra Fredda.
  • Trump ha visto l’ascesa della Cina come la più grande “sfida a lungo termine” degli Stati Uniti.
  • Trump sfodera grande aggressività nell’affrontare la Cina, affermando che dovremmo usare la nostra influenza economica per farli cambiare le politiche restrittive dei diritti umani del paese. Era, tuttavia, a corto di prescrizioni su come farlo.
  • Trump ha detto che la politica estera americana è ossessionata dalla crisi, passando da una piccola crisi all’altra, citando Kosovo, Iraq e Osama bin Laden.
  • Trump ha detto che la Corea del Nord è il più grande problema a breve termine. Ha fatto saltare gli accordi nucleari dell’amministrazione Clinton con la Corea del Nord nel 1994.
  • Trump ha detto che avrebbe bombardato la Corea del Nord per impedirgli di ottenere una bomba nucleare.
  • Trump ha elogiato il presidente George Herbert Walker Bush per la Guerra del Golfo, ma ha detto che avrebbe voluto che avesse finito il lavoro. Trump ha detto che questo è un esempio di utilizzo del potere americano.
  • Trump ha citato Saddam Hussein nella costruzione di armi nucleari e chimiche come esempio di una minaccia che potrebbe essere necessario eliminare.
  • La dottrina di Trump sosteneva sia la necessità sia di utilizzare le trattative sia gli attacchi chirurgici preventivi alle persone che costruivano armi nucleari.
  • Trump era molto pro-Israele.
  • Trump pensava che la politica americana nei confronti della Russia fosse “timida”.
  • Trump non voleva porre fine all’embargo cubano o normalizzare le relazioni. Pensava che il regime di Castro fosse alle corde e che fosse necessaria una politica più severa.
  • Trump non pensava che gli Stati Uniti avessero un ruolo nel dispiegare truppe per motivi umanitari.
  • Trump voleva solo intervenire nei conflitti se c’era una minaccia diretta per gli Stati Uniti.
  • Trump voleva portare le truppe americane via dall’Europa.

Cina e il Trump pensiero: la Dottrina Reagan applicata alla Cina.

« La nostra più grande sfida a lungo termine sarà la Cina. Ovviamente la Cina non è il posto miserabile che era sotto il presidente Mao. Ma il massacro di Piazza Tiananmen è stato solo dieci anni fa e, nonostante l’indignazione del mondo, il popolo cinese ha ancora pochi diritti politici di cui parlare. 
La Cina è un posto diverso oggi e dovremmo essere tutti grati per questo. Il popolo cinese certamente lo è. 
I leader del governo cinese, sebbene concedano poco, vogliono disperatamente che investiamo nel loro paese. Anche se abbiamo il sopravvento, siamo troppo desiderosi di compiacere i cinesi. 
Li vediamo come un mercato potenziale e tendiamo a ingraziarsene con loro anche a spese dei nostri interessi nazionali. La nostra politica in Cina sotto i presidenti Clinton e Bush ha avuto lo scopo di cambiare il regime cinese con incentivi sia economici che politici».

« Dobbiamo chiarire chiaramente che siamo disposti a commerciare con la Cina, ma non a scambiare i nostri principi e che in nessun caso terremo i nostri mercati aperti ai paesi che ci rubano.
 Se questo significa perdere qualche grosso contratto per i francesi, i tedeschi o chiunque, così sia. 
La politica estera americana deve aprire le porte al commercio americano, e non viceversa. I principi e l’interesse personale nazionale qui parlano con la stessa voce. Ci sono alcune cose più importanti dei profitti e una di queste è la nostra sicurezza nazionale. Facciamo soldi in Cina, ma facciamolo in modo intelligente».

Concretamente la “Dottrina Reagan”, un termine coniato dall’editorialista Charles Krauthammer, applicata alla Cina significa esattamente questo:
1. Guerra dei dazi fino fino al massimo ridimensionamento cinese dell’apparato produttivo cinese senza portarlo però in una crisi irreversibile;
2. Obbligare in questo modo l’emersione della fragilità finanziaria dell’apparato finanziario cinese che nasconde il bubbone dello Shadow Banking e della bolla immobiliare;
3. La stretta sugli approvigionamenti delle materie prime, in particolare il petrolio, con le nuove iniziative militari nel medioriente propeudeutiche a lasciare il pieno controllo dell’area agli storici amici Sauditi e Israeliani.
(Vedi prossimo paragrafo)
*Nota al Punto 3: Certamente Trump ha messo nel conto una rappresaglia cinese immaginando il tentativo della Banca Popolare Cinese di disfarsi di grandi quantità di titoli americani.
Come ho già sottolineato questa operazione avrà il valore di un ballon d’essai per il sistema finanziario americano; in ogni caso Trump sta limitando sempre più, con la sua pesante influenza, l’area di manovra del governatore della Federal Reserve; all’inizio dlla sua presidenza ha marcato stretto Janet Yellen per mettere poi al suo posto un suo fedelissimo, Jerome Powell nel tentativo di serrare il controllo della banca centrale tradizionalmente indipendente.
La sua guerra commerciale alla Cina infatti, ha iniziato a danneggiare alcune industrie americane e Trump qualche settimana fa ha intensificato le sue precedenti critiche alla FED, insistendo affinché riprendesse il tipo di campagna di stimolo intrapresa dopo la recessione per far ripartire la crescita economica. 
Quel programma, noto come allentamento quantitativo, ha portato la Fed a comprare più di $ 4 trilioni di buoni del Tesoro e titoli garantiti da ipoteca come un modo per aumentare l’offerta di moneta nel sistema finanziario. 
Quando l’economia si riprese, la Fed iniziò a invertire quel programma, facendo lentamente il giro del suo portafoglio di obbligazioni in un processo noto come restrizione quantitativa.
Trump ha ripetutamente criticato il suo presidente della Fed, Jerome H. Powell e ha descritto la banca centrale come un contrappeso alle sue politiche economiche.
La Fed ha alzato i tassi di interesse quattro volte l’anno scorso, fino all’attuale range del 2% al 2,25%, richiamando frequenti rimproveri da parte di Trump. 
Tale critica è inusuale per i presidenti, che in genere evitano di commentare la politica monetaria.
Ciò a riprova che il gioco con la Cina diventerà sempre più duro.
Allacciamoci le cinture !

Medio Oriente: Trump non aspetta che un pretesto per chiudere la partita con l’Iran e lasciare un medioriente presidiato ai fedeli guardiani Sauditi e Israeliani.

Donald Trump, Re Salman bin Abdulaziz Al Saud e il presidente egiziano Al-Sisi

Mentre l’amministrazione Trump disegna piani di guerra contro l’Iran sostenedo che ci sono minacce alle truppe e agli interessi americani, un alto funzionario militare britannico, due giorni fa, ha detto ai giornalisti al Pentagono che non ha visto un aumento dei rischi da parte dell’Iran o delle milizie alleate in Iraq o Siria.
Poche ore dopo, il Comando Centrale degli Stati Uniti ha emesso un insolito rimprovero:
« Le osservazioni del funzionario britannicoil gen. Chris Ghika, che è anche il vice comandante della coalizione a guida americana che combatte lo Stato islamico – sono in contrasto con le minacce credibili identificate disponibili per l’intelligence dagli Stati Uniti e dagli alleati riguardo alle forze sostenute dall’Iran nella regione ».
L’insolita disputa pubblica mette in evidenza un problema centrale per l’amministrazione Trump in quanto cerca di radunare alleati e opinione globale contro l’Iran. 
Mercoledì scorso, il Dipartimento di Stato ha ordinato l’evacuazione parziale dell’ambasciata americana e un consolato in Iraq, nonostante lo scetticismo dei funzionari iracheni sull’intelligence americana che rappresentava un rischio maggiore di quello reale.
Nell’ultimo anno, Washington ha detto che l’Iran sta minacciando gli interessi degli Stati Uniti in Medio Oriente, incoraggiando l’aggressione delle milizie sciite in Libano, Iraq e Siria, spedendo missili ai ribelli Houthi nello Yemen e permettendo alle sue forze navali di comportarsi bellicosamente nel Golfo Persico .
Tutti sono preoccupazioni che sono state ridimensionate
da anni dall’effettiva operatività delle forze iraniane.
“Siamo consapevoli della loro presenza in modo chiaro e li monitoriamo insieme a tutta una serie di altri a causa dell’ambiente in cui ci troviamo”, ha detto il generale Ghika.
Ma ha detto: “No, non c’è stata una maggiore minaccia da parte delle forze sostenute dall’Iran in Iraq o in Siria”.
Un funzionario americano, parlando in condizione di anonimato per discutere di pianificazione interna confidenziale, ha detto che le risultanze di intelligence di una maggiore minaccia iraniana è stata “piccola roba” e non ha meritato la pianificazione militare guidata dal signor Bolton
Il funzionario ha anche detto che l’obiettivo finale della campagna di sanzioni economiche durata un anno dall’amministrazione Trump è stato quello di attirare l’Iran in un conflitto armato con gli Stati Uniti.
In privato, diversi funzionari europei hanno raccontato come John Bolton e Mike Pompeo spingano un insospettabile prudente Presidente Trump attraverso una serie di passaggi che potrebbero mettere gli Stati Uniti in rotta verso la guerra prima che il presidente se ne accorga.
Un portavoce di Mr. Bolton ha rifiutato di commentare.
In particolare come è noto agli analisti i quattro falchi sono il Consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, il primo ministro israeliano Benjamin “Bibi” Netanyahu, il leader de facto dell’Arabia Saudita il principe Mohammed bin Salman (MBS) e il principe ereditario di Abu Dhabi Mohammed bin Zayed Al Nahyan (MBZ); il “B-Team” come lo ha soprannominato il ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif  per via del fatto che i loro nomi condividono tutti la stessa lettera “B”.

In realtà l’obiettivo dell’Amministrazione Trump è duplice:
1. fare piazza pulita di qualsiasi competitor in Medio Oriente al “B-Team”;
2. tenere per le palle la Cina dal lato degli approvigionamenti energetici dall’area.


Tecnologia 5G : Gli Stati Uniti sono in vantaggio nonostante le preoccupazioni sulla concorrenza cinese.

Vedi rapporto di Cisco sulla tecnologia wireless 5G

Un cartello pubblicizza 5G allo stand di Qualcomm al CES International di Las Vegas il 9 gennaio. 5G è un nuovo standard tecnico per le reti wireless che promette velocità più veloci, meno lag quando ci si connette alla rete e la possibilità di collegare molti dispositivi senza una riduzione in velocità. 
(John Locher / AP)

I politici statunitensi continuano a torcere le mani su una competizione con la Cina per costruire la prima rete wireless 5G del mercato di massa del mondo. 
Ma un nuovo rapporto di Cisco può offrire motivi per respirare con più rilassatezza.
Entro il 2022, le reti cellulari di quinta generazione alimenteranno fino al 9% delle connessioni dati mobili in tutto il Nord America, ha detto Cisco, rispetto al 4% in Asia. 
Le nuove proiezioni sono state svelate nel report annuale mobile – Cisco Visual Networking Indexdel febbraio scorso, che studia le tendenze del settore.
Anche se la regione Asia-Pacifico ospiterà più del doppio del numero di dispositivi 5G in Nord America entro il 2022, secondo Cisco, rappresenterà una piccola parte dei 422 milioni di dispositivi su 5G in tutto il mondo.
Il Nord America rappresenterà la fetta più grande; la maggior parte del resto, circa il 6,5%, verrà dall’Europa occidentale.
Mary Brown, senior director of government affairs presso Cisco ha osservato che “Gli Stati Uniti hanno iniziato bene nel cambiare le politiche per supportare lo sviluppo del 5G e guardando il resto del mondo, le politiche del favorevoli che abbiamo visto qui negli Stati Uniti non sono ancora state applicate nel resto del mondo”, tuttavia ha aggiunto “Ci aspettiamo che questo atteggiamento cambierà nei prossimi 12 o 18 mesi, pertanto la gara globale per il 5G è molto reale.”
Il rapporto rileva che l’incertezza che circonda la politica delle infrastrutture degli Stati Uniti, la posizione di Washington nei confronti delle imprese straniere e i dettagli della tecnologia 5G ancora in via di definizione, potrebbero causare ritardi.
“Prevediamo che alcune distribuzioni commerciali 5G su larga scala potrebbero non essere eseguite fino a dopo il periodo di previsione corrente” dopo il 2022, ha affermato Cisco nel suo rapporto.
Ma anche dopo aver considerato questi fattori, il Nord America si troverà ancora prima della concorrenza nella penetrazione dei 5G entro il 2022, ha concluso il rapporto.

Un Exit strategy per l’Europa: il Continente Africano

Nel 2019, i governi europei dovranno decidere se schierarsi con gli Stati Uniti in questo nuovo stallo strategico o tracciare il proprio percorso. 
Mentre anche gli europei sono sempre più scettici riguardo agli obiettivi e ai metodi della leadership cinese, non condividono la determinazione dell’amministrazione Trump sul come arginare l’ascesa della Cina; e non vogliono trovarsi intrappolati da una parte di una nuova guerra fredda politico-economica.
I leader europei criticano la centralizzazione del potere politico del presidente Xi e la soppressione anche delle vie più miti del dissenso popolare, compresa l’imprigionamento di numerosi avvocati per i diritti umani. 
L’introduzione di un sistema nazionale di sorveglianza dei cittadini digitali entro il 2020 riduce il livello di protezione europea della privacy delle persone.
E c’è un’eco di repressione dell’era sovietica nella decisione della Cina di costruire una serie di campi di rieducazione per centinaia di migliaia di uiguri nella provincia dello Xinjiang.
I funzionari europei si risentono anche per l’approccio pesante della Cina alla sua Belt and Road Initiative.
I prestiti cinesi ai paesi dell’Africa, dell’Asia centrale e del Sud-Est asiatico per infrastrutture BRI hanno portato a livelli di indebitamento insostenibili e hanno permesso alla Cina di precludere porti strategici e altre attività.
Il supporto politico e finanziario cinese per i governi flessibili lungo la rotta BRI rischia di radicare la corruzione e minare lo stato di diritto in questi paesi.
La Cina ha inoltre avviato un dialogo economico regolare con sedici paesi dell’Europa centrale e orientale che potrebbero beneficiare dei suoi investimenti in infrastrutture. 
Questa iniziativa ’16 + 1 ‘sta seminando nuove divisioni all’interno dell’UE e indebolendo la sua capacità di controllare le spinte avventuriste di alcuni suoi partner con governi particolarmente autoritari.
Nonostante questi sempre più numerosi segni dell’aggressività cinese, tuttavia è improbabile che gli Europei introducano ampi divieti di stampo americano sugli investimenti cinesi in settori sensibili, date le profonde interconnessioni commerciali tra i due mercati. 
A titolo di esempio, l’autorità di regolamentazione nucleare britannica ha recentemente dato il via libera a China General Nuclear per passare alla fase successiva del suo reattore nucleare pianificato a Bradwell-on-Sea.
Di fatto, l’UE potrebbe andare oltre e approfittare della guerra commerciale USA-Cina per ottenere concessioni nei negoziati in corso per un trattato bilaterale di investimento UE-Cina, che aprirebbe settori protetti dell’economia cinese agli investitori europei.

Se così facesse, l’Europa dimostrerebbe per l’ennesima volta la sua miopia strategica perché business as usual, presentandosi in ordine sparso e debole alla Cina e scoordinata rispetto agli United States, suo alleato storico che per ben due volte è dovuto intervenire per tirarla fuori dai guai.


L’Europa, purtroppo ha la memoria corta e davanti agli autoritarismi e a Nazioni con regimi dittatoriali in nome del quieto vivere e degli affari è sempre pronta ad abbozzare.
L’Europa, non ha capito che il suo riscatto e il suo Eden lo ha a poche miglia di mare, si chiama Continente Africano.
E così mentre Cinesi lo occupano devastandolo applicando il Land Grabbing e sottomettendolo in cambio di investimenti, gli Europei si guardano l’ombelico e restano passivi alla finestra a guardare oppure prendono iniziative in ordine sparso spesso a danno uno dell’altro.

Un nuovo ruolo dell’Europa in Africa: da potenza colonialista paternalistica a soggetto proattivo di cooperazione e sviluppo con il Popolo Africano.

The African continent and its areas historically influenced by the former European colonial powers.

Nelle impegnative aree della sicurezza alimentare, del commercio agroalimentare, dello sviluppo delle aree rurali e dei cambiamenti climatici, l’UE e l’Africa sono allineate nella lettura dei grandi problemi sul tappeto. 
Per raggiungere obiettivi comuni, rafforzare la collaborazione sarà fondamentale. 
Gli anni recenti hanno portato un nuovo paradigma nelle relazioni UE-Africa in agricoltura, concentrandosi sempre più sulla cooperazione politica e sulla promozione di un ambiente imprenditoriale stabile, responsabile e inclusivo.
Il 12 settembre 2018, in occasione del suo discorso sullo stato dell’Unione, il presidente Jean-Claude Juncker ha dichiarato: “L’ Africa non ha bisogno di carità, ha bisogno di un partenariato giusto ed equo, e noi europei abbiamo bisogno di questa collaborazione altrettanto. propongono una nuova alleanza per gli investimenti e l’occupazione sostenibili tra Europa e Africa: questa Alleanza, come la immaginiamo, contribuirebbe a creare fino a 10 milioni di posti di lavoro in Africa nei prossimi 5 anni. Credo che dovremmo sviluppare numerosi accordi commerciali in un accordo di libero scambio da continente a continente, come una partnership economica tra pari “.
La Commissione europea propone una nuova “Alleanza Africa-Europa per gli investimenti e l’occupazione sostenibili” per aumentare sostanzialmente gli investimenti in Africa, rafforzare il commercio, creare posti di lavoro e investire nell’istruzione e nelle competenze.
Il pacchetto odierno si basa sugli impegni assunti durante l’Unione africana – vertice dell’Unione europea svoltosi a novembre dello scorso anno ad Abidjan, dove i due continenti hanno deciso di rafforzare la loro partnership. 
Stabilisce i principali filoni di azione per un’agenda economica più forte per l’UE e i suoi partner africani.
L’alto rappresentante / vicepresidente Federica Mogherini ha dichiarato:
 “L’Europa e l’Africa condividono molti degli stessi interessi: entrambi vogliamo un’Africa più forte, con posti di lavoro di qualità per i giovani, un clima imprenditoriale migliore, pace e sicurezza per tutti. Abbiamo iniziato a costruire un vero partenariato tra pari con l’Africa, siamo già forti partner politici, il passo successivo è di essere veri partner economici e approfondire i nostri rapporti commerciali e di investimento, vogliamo dare ai giovani opportunità per realizzare le loro aspirazioni. l’investimento responsabile in Africa è un vantaggio per entrambe le parti “.
Il commissario per la Cooperazione internazionale e lo sviluppo Neven Mimica ha dichiarato: “Questa alleanza riguarda lo sblocco degli investimenti privati ​​e l’esplorazione delle enormi opportunità che possono produrre vantaggi per le economie africane ed europee, ma anche per rafforzare la nostra partnership e sostenere le iniziative africane come l’area africana di libero scambio continentale”.

Press conference by HRVP MOGHERINI, Vice-President KATAINEN and Commissioner MIMICA on a new ‘Africa-Europe Alliance’ for Sustainable Investment and Jobs, and a more efficient financial architecture for external investment.

L’UE è il vicino più vicino all’Africa e il più grande investitore, il principale partner commerciale e di sviluppo e un importante fornitore di sicurezza.
L’UE sta erogando 31 miliardi di euro di assistenza ufficiale allo sviluppo all’Africa tra il 2014-2020 per potenziare l’economia dell’Africa per offrire ai giovani del continente la possibilità di costruire un futuro, garantire la sicurezza alimentare e l’accesso all’energia e ancorare il buon governo e rispetto dei diritti umani. 
Gli Stati membri dell’UE hanno detenuto uno stock di investimento di 291 miliardi di euro nel 2016, rendendo l’UE il maggiore investitore in Africa. 
L’UE offre inoltre libero accesso al mercato dell’UE tramite accordi di partenariato economico, accordi di libero scambio che comprendono le zone di libero scambio globali e specializzate con i paesi del Nordafrica e il programma “Tutto tranne le armi con i paesi africani.

L’Alleanza porterà a risultati concreti come la creazione di 10 milioni di posti di lavoro nei prossimi 5 anni. 
Con il sostegno finanziario dell’UE mobilitato entro il 2020 questi sono gli obiettivi:

  • 35.000 studenti e accademici provenienti dall’Africa beneficeranno di Erasmus + entro il 2020. Altri 70.000 beneficeranno entro il 2027, raggiungendo un totale di 105.000 in dieci anni.
  • 750.000 persone riceveranno una formazione professionale per lo sviluppo delle competenze.
  • 30 milioni di persone e aziende beneficeranno dell’accesso all’elettricità grazie agli investimenti a leva dell’UE nelle energie rinnovabili e alla capacità di generazione potenziata di 5 GW.
  • 24 milioni di persone avranno accesso a nuove possibilità di spostamento attraverso i nostri investimenti a leva in infrastrutture di trasporto.
  • Si prevede che verranno creati 3,2 milioni di posti di lavoro in Africa nell’ambito del piano di investimenti esterni solo per i programmi di investimento incentrati sulle piccole e medie imprese.
  • Con una garanzia di 75 milioni di euro, un singolo programma di investimenti del piano di investimenti esterni genererà 800.000 posti di lavoro.

Il gioco sporco della Cina in Africa

La Cina in Africa sta giocando sporco e la classe dirigente africana più illuminata questo lo ha capito da tempo.
L ‘Africa trarrebbe beneficio se la Cina aprisse più attivamente le gare alla concorrenza internazionale anziché legare i prestiti commerciali all’uso esclusivo di società e materiali cinesi a condizioni spesso opache. 
La questione dei prestiti commerciali della Cina e il conseguente debito contratto dai governi africani aumenteranno probabilmente come preoccupazione di ordine pubblico.
Di conseguenza, la Cina è diventata il più grande creditore della regione, rappresentando il 14% del debito totale dell’Africa subsahariana, secondo la Foresight Africa 2018 . 
In Kenya, per esempio, il volume dei prestiti cinesi al governo è sei volte più grande di quello della Francia, il secondo più grande creditore del paese. 
La FOCAC che si terrà a Pechino entro la fine dell’anno probabilmente continuerà questa tendenza di estensione dei prestiti commerciali per i progetti infrastrutturali.
La guerra dei dazi e la conseguente accelerazione del calo delle importazioni cinesi di materie prime sta colpendo duramente gli esportatori di materie prime africane, in particolare i produttori di petrolio, attraverso una forte diminuzione sia del volume sia dei prezzi delle principali materie prime (Chen e Nord, 2017). 
Il surplus commerciale quasi decennale dell’Africa con la Cina si è ora trasformato in un deficit commerciale poiché la minore crescita in Africa limita la domanda di importazioni (FMI, 2017).
Inoltre, lo spazio di prestito nei paesi africani si sta riducendo rapidamente. 
Nonostante la disponibilità di finanziamenti, come nel caso dell’iniziativa cinese One Belt One Road, il forte rallentamento della crescita degli esportatori di materie prime sta riducendo la domanda e la fattibilità di grandi progetti infrastrutturali in quei paesi. 
Alcuni stanno già affrontando difficoltà nel servire i prestiti esistenti. 
Inoltre, mentre la crescita è frenata da molti esportatori non-commodity, l’aumento dei livelli del debito rischia di frenare l’appetito cinese per il futuro finanziamento del progetto. 
In effetti, il debito pubblico nel paese mediano dell’Africa subsahariana è aumentato dal 34% del PIL nel 2013 a circa il 53% nel 2017 e la quota del debito come percentuale delle entrate è raddoppiato.
In alcuni paesi produttori di petrolio come Angola, Gabon e Nigeria, la quota del debito ammonta a oltre il 60% delle entrate pubbliche.

A più lungo termine, se e quanto gli IDE cinesi arriveranno in Africa dipenderà da come i paesi africani, in particolare quelli dipendenti dalle materie prime, sopravvivranno a questo periodo di bassa crescita e alle pressioni fiscali.
 Le economie di frontiera non legate alle materie prime nell’Africa orientale, ad esempio, potrebbero essere mercati di nuova crescita molto interessanti a medio termine. 
In effetti, quest’area potrebbe essere particolarmente interessante per gli IDE cinesi che vanno ben oltre il settore delle risorse naturali (Chen, Dollar e Tang, 2016). 
Mentre la Cina continua a passare a catene di approvvigionamento a valore aggiunto, i salari aumentano e la sua popolazione invecchia, l’Africa subsahariana ha un’occasione unica per entrare in questo spazio.
Tuttavia, la trasformazione strutturale necessaria per conseguire tale obiettivo richiederà investimenti, in particolare nelle infrastrutture, proprio mentre lo spazio di prestito ufficiale si sta riducendo. 
Ciò premetterà l’attenta selezione dei progetti per garantire il massimo impatto.

La possibile e doverosa riscossa Europea

E’ in questo vulnus cinese – un approccio esclusivamente utilitaristico e da potenza coloniale – che l’Europa può giocare le sue carte con l’empatia e la collaborazione leale e alla pari che solo le grandi democrazie avanzate possono offrire al grande continente africano.
IL NUOVO MONDO PER L’EUROPA È L’AFRICA !!!
E il popolo africano deve contare su un approccio europeo basato sui principi della collaborazione, della parità, della sostenibilità ambientale e della reciprocità, della lealtà, dell’inclusione, del rispetto dei diritti della Persona e dei Popoli.
Questi Principi sono alla base del Soft Power che è il valore aggiunto delle grandi e storiche Democrazie Europe.
Su questi principi nessuna potenza dittatoriale potrà mai competere con la grande Europa.
È giunto il momento che la Grande Europa esca dal suo solipsismo politico nel quale le grandi potenze tentano di confinarla con la complicità irresponsabile delle classi dirigenti europee, perché la partita per noi Europei è ancora tutta da giocare…

VISIONE, ECCO COSA OCORRE SIGNORI, VISIONE ! ! !
Occorre Visione e grandi personalità Europee che sappiano interpretarla e indicare la giusta direzione.

P.S. Breve disamina rapporti USA/URSS in America Latina/Venezuela

West Berliners crowd in front of the Berlin Wall early 11 November 1989 as they watch East German border guards demolishing a section of the wall in order to open a new crossing point between East and West Berlin, near the Potsdamer Square. Two days before, Gunter Schabowski, the East Berlin Communist party boss, declared that starting from midnight, East Germans would be free to leave the country, without permission, at any point along the border, including the crossing-points through the Wall in Berlin. The Berlin concrete wall was built by the East German government in August 1961 to seal off East Berlin from the part of the city occupied by the three main Western powers to prevent mass illegal immigration to the West. According to the “August 13 Association” which specialises in the history of the Berlin Wall, at least 938 people – 255 in Berlin alone – died, shot by East German border guards, attempting to flee to West Berlin or West Germany.

Accenno brevemente all’oggetto del titolo in argomento perché meriterebbe un approfondimento di ben altro spessore che peraltro ho già fatti in altre mie pubblicazioni.
Tuttavia, è doveroso dare una breve spiegazione della rappressentazione muscolare che Stati Uniti e Russia stanno dando sul palcoscenico venezuelano.
A parte il gioco delle parti tra le due vecchie volpi della geopolitica globale vi è al fondo una forte preoccupazione russa.
Partaiamo da un punto fermo: gli americani hanno completamente disatteso gli accordi con Gorbaciov.
I suoi successori russi hanno smpre sostenuto di essere stati fuorviati dall’eventualità che l’alleanza potesse espandersi verso est. 
La NATO, disse allora il leader sovietico, era“un’organizzazione progettata fin dall’inizio per essere ostile all’Unione Sovietica”.
E il Segretario di Stato americano James Baker concordemente affermò: “Qualsiasi estensione della zona della NATO”sarebbe stata pertanto inaccettabile”.

Eppure, quando la Germania si riunì in ottobre, non ebbe il potere di impedire alla parte orientale di uscire dal Patto di Varsavia e di entrare nella NATO.
In realtà gli USA memori della grande lezione di Halford Mackinder, il padre della geopolitica, si fecero beffe di quanto pattuito con i Russi. 
Mackinder, che morì nel 1947, l’anno in cui la Dottrina Truman e il Piano Marshall furono lanciati, attirò l’attenzione dei politici sulla centralità strategica della vasta “Heartland” eurasiatica, che era dominata dalla Russia.

“Chi governa l’Europa dell’Est”, scrisse nel 1919, “comanda l’Heartland; Chi governa l’Heartland comanda l’Isola del Mondo; Chi governa l’isola del mondo comanda il mondo. “
Erano le idee di Mackinder, e non di Marx.

L’eterna paura dell’invasione della Russia ha guidato la sua politica estera e continua a farlo ora. 
Alla base della visione nevrotica del Cremlino degli affari del mondo c’è un tradizionale e istintivo senso russo di insicurezza” scrisse Kennan nel suo famoso Long Telegram del 1946.

La caratteristica distintiva del territorio russo è la sua indifendibilità. 

Nessuna catena montuosa o specchio d’acqua protegge i suoi confini occidentali. 
Per secoli ha subito ripetute invasioni. 

Questa conformazione geografica e la storia hanno incoraggiato l’emergere di una leadership altamente centralizzata e autocratica, ossessionata dalla sicurezza interna ed esterna. 

I comunisti furono solo una variante di tale leadership.

Ora Putin rappresenta la potenza militare di un grande continente ma che è solo al dodicesimo posto nella classifica del PIL mondiale, dietro a Paesi come Canada e Corea del Sud.

In Venezuela sta solo ricordando agli americani come può essere antipatico e pericoloso andare a disturbare una Potenza nel proprio giardino di casa come stanno facendo gli USA ai confini della Russia.

by marcello lopez – editor

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