BIG DATA ROBBER, SURVEILLANCE CAPITALISM, TOO BIG TO FAIL AND INEQUALITY

Marcello Lopez – geopolitical and intelligence analyst – blogger, editor & entrepreneur

L’editore Urbano Cairo, sotto attacco di Blackstone, molto indebolito, si trova tra l’incudine della linea liberal socialista fino ad ora mantenuta nei suoi media e il martello dei vetero esponenti orfani del fallito ordo globalismo i cui esponenti sono da cercare in certa parte di Confindustria (Bonomi in testa) nei banchieri dell’inner circle che scatenano i loro megafoni mediatici e nella stampa sussidiata e compiacente, col placet dell’algida sfinge di Palazzo Chigi.

Mi riferisco alla riforma del Codice degli Appalti le cui bozze prevedono gare al massimo ribasso e la liberalizzazione dei subappalti e, dall’altra parte, alla proposta di Enrico Letta per delle tasse di successione più eque e più alte per l’un per cento più facoltoso; aliquote che peraltro vengono applicate in tutto il mondo occidentale per favorire la mobilità sociale e diminuire i privelegi parassitari dinastici.

A Otto e mezzo di Lilli Gruber quando qualche voce critica si leva contro Draghi ecco intervenire uno dei suoi Cavalieri della Tavola rotonda in soccorso.
L’ultimo, messer Bernabè.
Sì lo stesso Bernabé della Telecom Italia privatizzata dal melio cavaliere della Tavola di Re Prodi – il cavalier Draghi – il quale (Bernabè) si fece sfilare l’ex gioiello dell’IRI dai “capitani coraggiosi” (falliti dopo la rapina del secolo) della “razza padana” del signor D’Alema.

Liberalizzare non significa creare giganti too big to fail al fine di impedire il fallimento di un intero settore industriale e finanziario.
Al contrario occorre creare più protagonisti possibile in una libera competizione ad armi pari, regole giuste e uguali per tutti e medesime condizioni di accesso al mercato.

E invece il messaggio che viene fatto passare è che un bene per tutti la mega aggregazione nel mondo bancario, nell’automotive, nelle costruzioni, ecc.
Di questo passo il cittadino/suddito avrà una sola banca a cui rivolgersi, un solo giornale da leggere, un solo canale televisivo di news, una sola marca di auto da acquistare, un solo supermercato in cui acquistare.

Negli Usa gli OTP (over the top) e i Big Data Robbers del digitale non sono ancora stati stoppati e ridimensionati da una legge federale Anti Trust ad hoc nonostante l’evidente caratura monopolistica di questi soggetti.
Certamente la precedente amministrazione Trump non ha aiutato in questo; anzi è spesso intervenuta a difesa di questi monopoli anche riguardo al mantenimento del privilegio della tassazione nei paradisi fiscali.

Questi conglomerati digitali gestiscono uno dei beni più preziosi: la libertà di informazione.

Eppure chiunque di noi, anche molto autorevole, che crei e comunichi contenuti su queste piattaforme potrebbe essere “bannato”, in qualsiasi momento e senza preavviso, ad esclusivo e insindacabile giudizio del suo proprietario.

Un vulnus gravissimo per le democrazie occidentali.

Eppure gli Stati Uniti, in passato, furono i primi nel mondo occidentale a ideare leggi contro i Trust per garantire la libera impresa e la competizione in tutti i settori.

Lo Sherman Act firmato dal Presidente Benjamin Harrison nel 1890 è la più antica legge antitrust degli Stati Uniti d’America e fu applicato nel 1904 da Theodore Roosevelt contro il monopolio ferroviario di Northern Securities Co.
Il presidente William Howard Taft lo utilizzò contro l’American Tobacco Company e nel 1911 contro la Standard Oil di David Rockefeller.
Fino a uno degli ultimi procedimenti antitrust contro AT&T iniziato nel 1974 e culminato nella suddivisione in “Baby Bells” nel 1982.

La vera libera impresa e la vera competizione vanno a braccetto con la tutela dei più deboli, mentre non lo è il capitalismo autocratico, privato o pubblico che sia.
Ma la c.d. narrazione odierna ci vuole convincere della bontà di un gigantismo capitalista paternalista e autocrate che ci sostituisce da cittadini consapevoli e watch– dog del potere in sudditi e in gig lavoratori on demand.

P. S. A proposito delle Tasse sull’Eredità, ricordo che il moderno sistema di tassazione occidentale nacque non per iniziativa di un pericoloso comunista ma dal re di francia Luigi XIV che cercò di imporre alla nobiltà e al clero, che pagavano tasse modeste, imposte più cospicue, mentre la maggior parte di esse erano sempre pagate dai più poveri.
Il Montesquieu (1689-1755) autore dello Spirito della legge (1748), che ereditò un grande patrimonio e una fortuna da uno dei suoi zii, osservò che “la legge naturale comanda ai padri di nutrire i loro figli, ma non li obbliga a farne i loro eredi”.
E Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) affermò che, sebbene la disuguaglianza sia inevitabile, porre limiti all’eredità della ricchezza è necessario per la società.
Per Rousseau, il legislatore può e deve regolare il trasferimento intergenerazionale di ricchezza attraverso leggi in modo da ridurre la disuguaglianza nella società.
Per non paralre delle idee radicali del Conte di Mirabeau (1749-1791) che andò ben oltre.
Rifiutò la libertà testamentaria basata sull’idea che promuove “la disuguaglianza nella proprietà dei beni domestici”. Secondo Mirabeau, la proprietà doveva essere limitata a una vita e poi restituita allo stato alla morte di una persona.