Zero Days, documentario sulla guerra informatica del regista investigativo,premio Oscar, Alex Gibney

ZERODAYS: lo spaventoso e sconosciuto mondo della guerra informatica

Alex Gibney, il regista premio Oscar, forse il più grande documentarista investigativo dei nostri anni, ha indagato la storia di Stuxnet, la minaccia informatica forse più importante e misteriosa degli ultimi anni, che portò a diverse esplosioni nei centri di ricerca nucleare iraniani nel 2010, e che nel 2013 i documenti di Snowden hanno confermato essere stata creata dal governo americano assieme a quello israeliano per fini di sabotaggio.
Zero Days il suo documentario, fu presentato in concorso al Festival di Berlino nel 2016 e rimane una pietra miliare della cinematografia sulla cyber intelligence.

Zero Days – film (2016)
 foto Alex Gibney (regista)

Ecco l’intervista estremamente interessante che gli fece Gabriele Niola a Berlino, il 19 febbraio 2016, per WIRED.IT

L’abbiamo incontrato a Berlino per capire come stiano le cose dalla sua voce, lui che per due anni e mezzo si è immerso nel mondo della guerra informatica tra stati, che ha indagato qualcosa di cui nessuno a nessun livello vuole parlare: “Quando inizio i miei documentari solitamente parlo con amici e poi amici di amici, o con i miei contatti dentro le istituzioni in modo che mi possano indicare le fonti più adeguate. Stavolta però anche i miei amici più stretti non volevano parlarmi dell’argomento per paura di finire in carcere

Nel documentario ci sono diversi membri della NSA la cui identità non viene rivelata che svelano concetti e passaggi chiave. Con tutta questa segretezza come ha fatto ad arrivare a loro allora?

“Dopo aver iniziato ad ottenere i primi piccoli frammenti di informazione, alcuni hanno cominciato ad interessarsi al fatto che stessimo raccontando questa storia. Soprattutto erano interessati a che la raccontassimo bene.
Le persone che hanno parlato con noi volevano che venisse rotta questa folle segretezza, a parere loro infatti crea un problema non da poco, poiché le persone che comandano queste armi non sanno quanto esse siano potenti”.

Quindi la guerra informatica è segreta anche a livelli alti?

“La vera segretezza della guerriglia informatica sta soprattutto nel fatto che ormai è stata lanciata ma nessuno sa chi l’abbia fatto o perché.
Se leggi i giornali puoi notare continuamente esplosioni, malfunzionamenti e problemi di cui nessuno conosce la ragione.
Si tratta di guerriglia, una serie di reazioni a catena che creano il caos”.

L’indagine che lei ha fatto su Stuxnet, l’esigenza di scoprirne le carte e mostrarne gli autori, è assolutamente legale; trova sia molto diversa da quello che illegalmente hanno fatto Edward Snowden e Julian Assange?

“Su Assange posso dire che nonostante tutte le persone che ho sentito mai nessuno è riuscito a convincermi che ci sia qualcosa di illegale in quel che ha fatto o nei documenti pubblicati (la questione svedese, sia chiaro, è un’altra cosa).
Credo che abbia fornito a tutti un gran servizio mostrando che il governo mente.
È difficile dire in assoluto se Assange abbia fatto bene o meno, i segreti che mettono a repentaglio le nostre vite vanno svelati, anche se poi lui è stato sventato molto spesso svelandone anche altri che invece proprio nella loro esposizione mettevano a repentaglio delle vite. 
Stesso discorso per Snowden: scoprire quello che aveva da dire è stato fondamentale.
Ora sappiamo che gli Stati Uniti hanno mentito in diverse occasioni e a diversi governi”.

La materia che racconta è molto complicata, sia perché non tutto il pubblico padroneggia termini e concetti di sicurezza informatica, sia perché le ramificazioni governative, la catena di responsabilità e anche solo gli eventi sono intricati. Come lavora in questi casi, come fa a rendere tutto chiaro per tutti?

“Bisogna trovare sia la verità, sia i concetti chiave, che infine una forma di intrattenimento per il film che deve somigliare ad un thriller.
Mi spiego meglio: magari inizi a raccontare una parte in America, poi ti sposti in Israele per seguire un altro personaggio senza spiegare subito come si colleghi alla storia principale e magari al terzo atto puoi tornare indietro e mettere in connessione tutto.
Quando un film è complicato devi trovare un modo di trainare la storia e gli eventi così da tenere tutti avvinti, fatto questo puoi permetterti anche un passo indietro e spiegare alcuni concetti per poi poter procedere con maggiore chiarezza, invece di spiegare tutto per filo e per segno dall’inizio come se fossi un maestro.
In questo caso mi ha aiutato il fatto che in fondo questa è una detective story, in cui ci sono almeno tre investigatori: i cyberdetctive, ovvero quelli della Symantec che guardavano il codice e cercavano di capire cosa fosse Stuxnet; ci sono gli investigatori che invece cercavano di capire cosa accadesse a livello politico; e c’ero io che agivo come il Tenente Colombo, facendo domande molto semplici che spesso portano a risposte intelligenti”.

Documentari e film di finzione stanno iniziando a raccontare storie legate al mondo della tecnologia, da biografie di personaggi famosi a documentari su eventi di cronaca. La maniera in cui la tecnologia entra nelle nostre vite è la storia più importante da raccontare oggi?

Certo! Io ho anche girato un documentario su Steve Jobs.
La maniera in cui questi device ci stanno cambiando è la cosa più importante in assoluto, come dice Sherry Turkle «attraverso di essi creiamo un mondo in cui siamo alone together» ”.

Quando si muove in questi ambienti ha paura delle reazioni che i suoi documentari possono scatenare?

“Il segreto è saperle prevedere e decidere di affrontarle; lo impari la prima volta che vieni preso di sorpresa.
Mi capitò con We steal secrets, fui sorpreso dalla reazione dei supporter di Assange che non ammettevano nemmeno la minima critica.
Non furono le critiche in sé a darmi fastidio, quanto la loro violenza, erano simili a quelle che poi ricevetti dai supporter di Scientology, solo che in quel caso ero pronto ad affrontarle e prevederle”

Pensa che i suoi documentari possano cambiare qualcosa?

“Non lo so. Tuttavia prima di venire qua abbiamo rivelato al governo americano alcune piccole informazioni contenute nel documentario, per chiedergli se le confermino o le smentiscano.
Da quel momento sui giornali ho letto molti grandi annunci da parte dell’amministrazione su diversi aspetti della cyberdifesa, non credo sia un caso.
Se sollevi una roccia provochi una valanga alle volte”.

Lei è stato spesso nominato agli Oscar e ne ha anche vinto uno, tuttavia il suo documentario di quest’anno, Going clear, su Scientology, è stato escluso dalle nomination. Secondo lei è dovuto all’influenza della setta?

AHAHAHAHAHA! No. No. Non credo alle teorie cospirazioniste”

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