Il peso strategico della Travel Security nelle aziende

Marcello Lopez

Marcello Lopez

Nota introduttiva dell’Editore

Di fronte a una crisi durissima che colpisce soprattutto l’Italia, per la sua arretratezza strutturale, per la sua pubblica amministrazione borbonica, per l’anarchia congenetica insita nell’italiano medio incapace di fare squadra, per l’inanità della sua classe dirigente e non ultima la complicità interessata di personaggi politici nello “svendere” assets strategici pubblici o parapubblici a soggetti stranieri dietro lauti compensi, dispensati sotto forma di consulenze e/o posti prestigiosi in Banche d’Affari globalizzate, dal nostro export arrivano segnali incoraggianti. Che smentiscono la vulgata secondo la quale l’Italia sarebbe un paese senza futuro, che dietro l’angolo ci aspetti un ineluttabile declino, la perdita di posizioni nella competizione internazionale, il definitivo declassamento, dopo le glorie remote e recenti, a nazione satellite. Anzi, se guardiamo al nostro Paese senza pregiudizio, ma con un po’ di simpatia e di affetto, e con un pizzico di curiosità e attenzione in più, ci accorgeremo che l’Italia sa essere innovativa,  versatile, creativa, reattiva, competitiva e vincente. Soprattutto sui mercati globali. Tanto da esprimere, nonostante la crisi, quasi mille prodotti con saldo commerciale attivo da record e da mettere a segno un attivo di 183 miliardi di dollari.
Senza nascondere le difficoltà del nostro mercato interno, misura la competitività del sistema produttivo italiano non con parametri antichi e obsoleti, come la quota di mercato detenuta sull’export mondiale, ma con un nuovo indicatore capace di cogliere e leggere in modo assai più fedele e puntuale quanto si muove nella nostra economia. Se adottiamo come metro della competitività la bilancia commerciale dei singoli prodotti, emergono in tutta evidenza la creatività e la duttilità del made in Italy, la capacità del nostro sistema produttivo di reagire di fronte al mutare degli scenari internazioni e di fronte alla crisi. Insieme a Cina, Germania, Giappone e Corea, infatti, l’Italia è uno dei soli 5 Paesi del G-20 ad avere un surplus strutturale con l’estero nei prodotti manufatti non alimentari. In altri termini, escludendo l’energia e le materie prime agricole e minerarie, l’Italia è uno dei paesi più competitivi a livello mondiale. Vantiamo quasi 1000 prodotti in cui siamo tra i primi tre posti al mondo per saldo commerciale attivo con l’estero. Vuol dire che se pensiamo al mercato globale come a un’olimpiade, ai prodotti come discipline sportive in cui vince chi ha un export di gran lunga superiore all’import, l’Italia arriva a medaglia quasi mille volte. Fanno meglio di noi solo Cina, Germania e Stati Uniti. Il risultato di questo ricco medagliere è, come anticipato, un saldo positivo di 183 miliardi di dollari al 2011. Una tendenza che si conferma anche nel 2012, quando siamo stati il secondo paese europeo, dopo la Germania, per attivo manifatturiero con i Paesi extra-UE.
C’è un’Italia che nonostante le sirene del declino si ostina a fare l’Italia e per questo trova il suo spazio nel mondo. C’è un’Italia che sa innovare senza perdere la propria anima, che ha capito che nel mondo del XXI secolo, se uno spazio c’è per il nostro Paese è quello della qualità. E’ l’Italia che scommette sulla qualità, sulle competenze radicate nei territori e mantenute salde con la coesione sociale e la cura del capitale umano. Che presidia la nuova frontiera della qualità ambientale. Che sa dare valore alla propria bellezza, intercettando la grande, e crescente, domanda di Italia che viene da ogni angolo del pianeta.
Con un totale di 946 prodotti classificatisi primi, secondi o terzi nel saldo commerciale mondiale, l’Italia è seconda solo alla Germania nella teorica classifica della competitività delineata dal nuovo indicatore e precede economie generalmente considerate più forti, come la Corea del Sud e la Francia.
Più nel dettaglio, il nostro Paese vanta 235 prodotti medaglia d’oro a livello mondiale per saldo commerciale. Nell’insieme queste 235 eccellenze fanno guadagnare all’Italia 63 miliardi di dollari. I nostri prodotti che si classificano al secondo posto nel mondo per saldo commerciale sono invece 390 e fruttano 74 miliardi di dollari. Le medaglie di bronzo dell’export italiano sono invece 321 prodotti che valgono un saldo commerciale complessivo di 45 miliardi. E poi ci sono altri 492 prodotti in cui l’Italia si è classificata quarta o quinta per saldo commerciale mondiale e che hanno  aggiunto alla nostra bilancia commerciale altri 38,4 miliardi di dollari.
Tra i prodotti secondi posti per saldo commerciale hanno particolare rilevanza i vini e gli spumanti, che portano al Paese un bottino di 4,7 miliardi di euro, rubinetti e valvole ( compresi quelli senza tracce di piombo), i mobili in legno , le parti di turbine a gas,t rattori agricoli, macchine per riempire e imbottigliare ed etichettare, navi da crociera, lavori in alluminio, caffè torrefatto, lampadari, mobili in legno per cucine, pomodori lavorati, lastre e fogli in polimeri di etilene, granito lucidato e lavorato. Per quanto riguarda i nostri prodotti medaglia di bronzo per saldo commerciale mondiale vanno citati le parti e gli accessori per trattori  e autoveicoli, gli oggetti da gioielleria, ingranaggi e ruote di frizione per macchine, i prodotti di materie plastiche, divani e poltrone, parti di macchine a apparecchi meccanici, ponti con differenziali oer autoveicoli, costruzioni in ghisa, ferro e acciaio, mobili  in metallo e maglioni. Da notare, inoltre, che la maggior parte dei prodotti italiani che competono nel mondo nasce da produzioni altamente specializzate e concentrate in distretti industriali, è ad esempio il caso delle calzature, delle pelli, delle piastrelle, o ancora delle giostre e delle imprese della packaging valley bolognese-emiliana.
Però anche quest’Italia sta finendo preda di mani straniere.
Spesso questi primati vengono raggiunti dalle famose PMI più che dai pochi giganti industriali che ci sono rimasti dopo le grandi svendite di Stato post-tengentopoli.
Ogni giorno apprendiamo di mani straniere che si impossessano dei nostri gioielli industriali.
La crisi di liquidità delle imprese italiane non potrebbe che trarre giovamento dall’iniezione di capitali freschi. Il punto cruciale, però, è comprendere se i fondi in arrivo dai Paesi stranieri hanno connotati ostili. Se intendono, per esempio, minacciare o alterare gli equilibri nazionali di alcuni settori se non addirittura «svuotare» imprese italiane strategiche.
 Mi sembra pertanto, a questo proposito, particolarmente illuminante, l’intervento  tenuto al Seminario il 24 gennaio 2013 dall’ex Sottosegretario di Stato – Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, Giovanni De Gennaro, all’Università di Camerino che cito testualmente:
 « L’intelligence economica
Come accennavo poco prima, negli scenari della globalizzazione si confrontano non più – come ai tempi della Guerra Fredda – sistemi militar-industriali, bensì i sistemi-Paese nella loro interezza.Questa considerazione spiega il dibattito sviluppatosi negli ultimi vent’anni in molti Paesi sulle potenzialità dei Servizi di informazione come strumento strategico a disposizione dei Governi per l’assunzione delle decisioni volte alla valorizzazione delle potenzialità competitive del Paese. Noi italiani ci siamo mossi con molto ritardo e ora stiamo tentando di recuperare. Oggi, in effetti, è difficile non prendere atto di quanto siano strette le contiguità tra politica economica e sicurezza nazionale.In questa situazione, l’ apporto dell’intelligence rappresenta un vantaggio al quale non rinunciano molti dei Paesi con i quali l’Italia si misura.La mancata o insufficiente utilizzazione di questa leva può perciò determinare sensibili limitazioni alle potenzialità competitive del nostro sistema-Paese. Questo rischio è particolarmente grave nell’attuale situazione di crisi, che ha effetti rilevanti in termini di riduzione degli spazi di accesso al credito e di erosione dei margini di redditività delle imprese italiane, esponendole alle mire espansionistiche di competitors stranieri e gruppi multinazionali.A tal proposito si deve considerare che gli investimenti e le partecipazioni straniere nelle nostre imprese sono spesso finalizzati alla sola acquisizione del know how o a indebolire l’autonomia del Paese in ambiti economici rilevanti per gli interessi nazionali. Siamo di fronte, non bisogna dimenticarlo, ad attività che, almeno in parte, hanno un carattere legale e questo è un aspetto piuttosto delicato, perché esse possono comunque indebolire gravemente le capacità competitive del sistema-Italia e costituiscono dunque una minaccia alla sicurezza nazionale.In particolare, come ha sottolineato anche la Relazione annuale al Parlamento sull’attività dei Servizi, presentata dal Governo nello scorso mese di febbraio, oggi si osservano azioni di operatori asiatici che, col crescente supporto di istituti bancari dei loro Paesi, mirano a penetrare settori dove il made in Italy è tradizionalmente forte e competitivo.Lo spionaggio industriale è un aspetto sempre più rilevante della competizione globale, che in diversi Paesi determina una crescente compenetrazione tra l’attività delle imprese e le attività dei servizi informativi. Si tratta di un’attività che depaupera le capacità di innovazione delle imprese e ne mina la competitività. Le sue potenzialità sono certamente amplificate dal cosiddetto cyber spazio, al quale, come dirò poi, si deve dedicare una specifica attenzione.Il quadro delle criticità, o se si preferisce delle minacce, è completato dalle procedure finanziarie scarsamente trasparenti, che possono nascondere attività di riciclaggio o fenomeni di evasione fiscale.

In Italia ciò si coniuga con l’infiltrazione del tessuto economico produttivo nazionale ad opera della criminalità organizzata di stampo mafioso, alla quale nuovi varchi possono essere aperti dalla crisi economica e, in particolare, dalla mancanza di liquidità e dalle difficoltà che le imprese scontano nell’accesso al credito. L’espansione della criminalità nell’economia non è un fenomeno limitato alle organizzazioni nazionali ma vede protagoniste anche quelle di carattere transnazionale.

In questo quadro si individuano alcuni dati di fatto che richiedono una riflessione: il primo è che, nonostante la riforma dell’intelligence nazionale abbia creato le premesse per avviare un’inversione di tendenza, il rapporto tra il mondo economico italiano e i Servizi di informazione è tuttora meno sviluppato di quanto si registra in Paesi nostri competitori, dove il grado di collaborazione tra Servizi e imprese è molto più affinato.

Il secondo è che la polverizzazione del sistema produttivo italiano rende molto problematica persino l’individuazione dei punti di eccellenza da tutelare e, di conseguenza, non facilita le concrete azioni di controspionaggio a difesa delle aziende in possesso di tecnologia. Aziende che possono essere anche molto piccole e, spesso, detengono know how d’avanguardia a livello mondiale.

Mentre le maggiori imprese italiane sono dotate di propri sistemi di sicurezza (il rapporto tra queste strutture e quelle pubbliche è comunque molto delicato e deve essere messo a regime) le piccole e medie imprese, vale a dire il 97% della struttura industriale italiana, sono molto meno attrezzate.

In questo campo si può ipotizzare un ruolo delle associazioni imprenditoriali, che potrebbero segnalare al Governo i punti di maggiore sensibilità e importanza dal punto di vista tecnologico, sui quali concentrare poi le attività difensive.

D’altro canto è anche vero che le piccole e medie imprese diventano meglio difendibili quando sono organizzate a filiera attorno ad una grande azienda e la filiera ha come riferimento un distretto industriale.

Le stesse filiere o i distretti, il cui numero sta crescendo grazie all’impegno delle associazioni industriali, potrebbero rappresentare un’interfaccia efficace per superare l’asimmetria oggi esistente tra Servizi di informazione e polverizzazione territoriale delle nostre imprese.

Il terzo elemento di riflessione attiene al fatto che gli scenari della competizione economica sono piuttosto complicati, perché anche Paesi che sul piano politico-militare sono nostri tradizionali alleati, sul terreno dell’economia sono nostri competitori. Così, ogni nostra azienda media, piccola o grande, ha due tipi di competitors: quelli europei, perché ogni Paese desidera avere il futuro campione europeo, e quelli globali.

Se a tutto ciò si aggiunge che, come prima ricordato, nel campo economico-finanziario i Servizi devono talvolta indirizzare la loro azione anche verso attività in sé non illegali, si deve rilevare allora l’assoluta necessità che sia l’Autorità politica a indicare chiaramente i settori economici e le aziende che hanno carattere strategico.

D’altra parte, con la conversione del recente decreto-legge in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni, sono state gettate importanti premesse per dotare l’Italia di una cornice giuridica meno lontana da quella esistente in altri Paesi europei e non.

Certamente, l’individuazione di ciò che è strategico per l’economia nazionale – e che può, di conseguenza, costituire oggetto di protezione da parte dei Servizi di informazione – spetta alla politica e al Governo, così come la definizione in concreto dell’interesse nazionale, alla luce del dettato legislativo che ho prima ricordato.

Ed è anche vero che, a questi fini, ci si può avvalere anche del contributo di conoscenza che le grandi imprese sono in grado di fornire al Governo e all’intelligence (si pensi solamente, a titolo d’esempio, a quelle che operano nel campo dell’energia).

Questa sinergia può consentire al Governo di ampliare in misura significativa le informazioni disponibili ai fini del decidere.

Per le imprese, d’altro canto, molto utile potrebbe risultare un’interlocuzione con il mondo accademico: i professori universitari hanno incontri e scambi culturali che permettono loro di acquisire informazioni utili da molte parti del mondo. Informazioni che, messe a sistema, contribuirebbero ad ampliare la base informativa del Governo.

Per l’Italia si tratterebbe, è vero, di una sorta di rivoluzione culturale, per la quale è assolutamente necessario il diffondersi di quella nuova “cultura della sicurezza” di cui parla la riforma.

Un punto fondamentale deve comunque essere tenuto ben fermo per non incorrere in equivoci che sarebbero assai pericolosi in una materia costituzionalmente così delicata: per evitare qualsiasi corto circuito o relazione giuridicamente impropria tra Servizi e sistema delle imprese, i risultati delle attività informative devono essere posti a diposizione non del privato titolare dell’interesse economico diretto, dell’impresa o del sistema di imprese, ma dell’Autorità di governo.

Sarà poi l’Esecutivo – in base alle proprie valutazioni sull’interesse nazionale e sul rischio concreto per la salus rei publicae – a decidere se, in quali termini e nei confronti di chi utilizzare le informazioni acquisite.

Spetta infatti al Governo, in quanto titolare della massima responsabilità politica, mettere in relazione il sistema delle imprese, in particolare quelle dei settori strategici, e i Servizi di informazione, creando le condizioni grazie alle quali queste due componenti del sistema-Paese possano correttamente lavorare insieme, come avviene in molti Paesi stranieri.

Ci sono Paesi molto attenti alle regole del mercato, molto aperti, molto contendibili e meno attenti alla tutela dei loro interessi nazionali: l’Italia può essere collocata tra questi, perché la nostra cultura prevalente conduce a considerare prioritariamente l’interesse proprio, del singolo, della famiglia o dell’impresa.

Altri Stati, invece, si impegnano a fondo nella tutela dei propri “campioni nazionali” e, a questo fine, ampliano a dismisura il perimetro delle imprese da difendere perché ritenute strategiche, con tutto ciò che ne consegue sul piano del mercato unico europeo e, più in generale, della libera concorrenza globale, posto che la competizione, oggi, avviene sì tra aziende, ma anche, se non soprattutto tra  sistemi-Paese. »

In questo spirito si è svolta la giornata del WORKSHOP AIPSA – “Travel Security in un mondo che cambia” grazie principalmente al generoso impegno di uomini come Damiano Toselli ( TELECOM ITALIA ), Umberto Saccone (ENI ), Paolo Campobasso ( FINMECCANICA ) ed altri con cui mi scuso fin d’ora per averli omessi, senza dimenticare volenterosi servitori delle Istituzioni come il Consigliere d’Ambasciata Claudio Taffuri.

Marcello Lopez
https://geointelblog4italianpmi.com/

world2

di Daniela Perassi

Garantire la protezione di personale aziendale all’estero, pianificare soggiorni/spostamenti sicuri e interventi d’emergenza, gestire le emergenze, e molto altro: una priorità strategica per le aziende, spesso poco evidenziata e dibattuta.

La sicurezza e tutela di “persone che viaggiano” o “personale all’estero” è sempre un tema di grande attualità per le aziende. AIPSA ha scelto questo tema per un convegno (tenutosi a Roma in marzo) orientato ad approfondirne i diversi aspetti.
Il problema della Travel Security può essere visto da molte angolazioni ma soprattutto può cambiare continuamente. In un mondo che cambia, infatti, le criticità assumono sempre forme diverse, ha ricordato il Presidente Damiano Toselli, e questo aumenta il senso generale di insicurezza. Inoltre la globalizzazione dei mercati ha favorito anche quella delle imprese criminali. Per le aziende quindi mantenere lo “status quo” può costituire un pericolo: occorre evolversi ed adeguarsi alle nuove realtà. I Security Manager devono trovare il modo per essere sempre aggiornati sui nuovi rischi, per poter tutelare le proprie aziende, i patrimoni aziendali ed il business.

I Security Manager infatti sono, insieme al settore legale ed a quello dell’audit, in prima linea per proteggere le aziende anche dai cosiddetti “danni indiretti” che sono molteplici e complessi (danni che oggi sembrano minimi ma che con il tempo possono diventare importanti e riflettersi in modo negativo sul brand).
Non è facile per le aziende, che si trovano ad affrontare nuove criticità nei settori ITC, brand, rischi non assicurabili (o ad alto costo assicurativo) e nuove normative, riuscire a contrastare eventuali attacchi contando solo sulle proprie forze per cui, pensiero espresso in più di un intervento, è particolarmente importante realizzare convenzioni ad hoc pubblico/privato e creare una “rete” di aziende.
Assicurare la sicurezza al di fuori dall’ambito aziendale è naturalmente compito delle forze dell’ordine. Esse però sono spesso già molto impegnate con problemi sociali ad alta priorità quali ad esempio: terrorismo, droga e criminalità organizzata. Nel frattempo ecomafia, illecita concorrenza e dumping “attaccano” l’economia nazionale e le aziende, per non parlare del cybercrime che, anche con l’impiego di pochi mezzi, è in grado di fare danni enormi. Di qui, di nuovo, l’importanza di uno stretto rapporto di collaborazione tra pubblico e privato (molti settori strategici tra l’altro sono stati privatizzati con la deregulation).
Occorre quindi costruire un sistema integrato per organizzare azioni di contrasto efficaci attraverso attività di information sharing, utilizzando strutture di intelligence, pur mantenendo sempre una chiara separazione tra aziende ed istituzioni.

Damiano Toselli : Intervento introduttivo.
Presidente A.I.P.S.A. – Responsabile Security Telecom Italia

GESTIONE DELLE EMERGENZE

Anche il Consigliere d’Ambasciata Claudio Taffuri ha posto l’accento sull’importanza della collaborazione con le aziende. In molti casi infatti il Ministero degli Affari Esteri viene informato della presenza di italiani all’estero solo quando è scoppiato un “problema”.
I compiti del Ministero vanno dall’assistenza e soccorso ai nostri connazionali alla tutela degli interessi italiani, ma per svolgere questi compiti sarebbe quanto mai auspicabile un rapporto strutturato con le aziende non solo a scopo informativo ma anche organizzativo, per consigliare comportamenti e prevenire rischi.
I molti rapimenti degli ultimi anni hanno fatto sì che l’attività dell’Unità di Crisi si sia dovuta focalizzare in questa direzione realizzando un centro di coordinamento con altri corpi dello stato.
Adesso però sarebbe proprio necessario istituire anche quella responsabilità partecipata a doppio senso con le imprese. In particolare si dovrebbe organizzare uno scambio di informazioni continuo con chi può capire meglio queste esigenze, con chi conosce le problematiche del settore, e cioè con i responsabili della sicurezza aziendale.

Intervento di Claudio Taffuri : Consigliere d’ Ambasciata – Capo dell’Unità di Crisi del Ministero degli Affari Esteri.

VIAGGI E PERSONALE ALL’ESTERO

Partendo dal principio acquisito che le persone costituiscono il principale asset aziendale è ovvio che il dovere di proteggerle non nasce solo da motivi di carattere etico morale ma anche da motivi riconducibili al business. C’è però anche un altro importante motivo: quello relativo ad eventuali problemi di responsabilità giuridica dell’azienda. L’azienda quindi deve tutelarsi dotandosi di un efficace strumento di governance per la Travel Security.
Questo l’aspetto sottolineato da Francesco D’Auria, responsabile Security Pirelli. Occorre tenere sotto controllo, attraverso un’analisi continua, gli aspetti geopolitici, sociali, economici ed i disastri naturali dei vari paesi.
Quale sistema si può quindi adottare per la governance della Travel Security? Individuare, prevedere, avere una mappa dei rischi sempre aggiornata per essere in grado di prendere le necessarie precauzioni. Occorre anche avere policy specifiche relative ai viaggi che prendano in considerazione i vari aspetti, per esempio, il numero di manager che viaggiano sullo stesso mezzo. Ed infine preparare piani di emergenza e piani di evacuazione che è fondamentale che tutte le persone dell’azienda conoscano.

Intervento di Francesco D’Auria : Responsabile Security PIRELLI.

” Travel Security : Protecting our people, anywhere, anytime “

Intervento di Paolo Spinelli : Responsabile Security LA 7, Sppa, Security Facility Management.

” Proteggere le persone e garantire l’informazione “

L’IMPORTANZA DI AVERE INFORMAZIONI DETTAGLIATE

Quante persone sono all’estero per lavoro? Quante negli stabilimenti? Quante viaggiano? Decine di migliaia di viaggi: dove vanno? Dovunque, destinazioni domestiche, continentali ed intercontinentali. Se accade qualcosa che cosa vuol dire recuperare un collaboratore da un paese straniero?
In Finmeccanica questi problemi sono costantemente affrontati in modo sistematico, ha detto Paolo Campobasso, responsabile della sicurezza del gruppo, e per questo è stato introdotto il concetto di sicurezza integrata (fisica, cyber, business, continuità, intelligence, antifrode).
In particolare quando si fanno piani di evacuazione del personale all’estero, occorre tener presente anche che, per garantire la continuità del business o comunque non rischiare di compromettere tutto il lavoro già svolto, può essere necessario non dare l’impressione della fuga.
Occorre quindi avere comportamenti pianificati e verificare la possibilità di proteggere le informazioni che rimangono in loco, oppure di distruggerle per non recare danni anche molto importanti all’azienda.

Intervento di Paolo Campobasso : Group Chief Security Officer di FINMECCANICA.

” L’ organizzazione e l’esperienza di FINMECCANICA “


Anche Filippo Ricciarelli, responsabile sicurezza del gruppo FIAT EMEA, ha illustrato i problemi derivanti dalla presenza dell’azienda nel mondo e la complessa gestione della sicurezza degli stabilimenti e delle concessioni all’estero.
Di fronte ai mutamenti di equilibri internazionali, ad integralismi religiosi, a crisi economiche e ad instabilità politiche, come garantire un’efficace security in un mondo globalizzato? Informandosi, informando, monitorando ed intervenendo.
Mancare una previsione significa mettere a rischio il business, bisogna quindi focalizzarsi sull’organizzazione aziendale e sulla collaborazione istituzionale con un flusso bidirezionale.

Intervento di Filippo Ricciarelli : Security Manager FIAT GROUP EMEA .

” La Security in una Global Company – esperienze e progetti “

LA SECURITY VISTA DAL CONTRACTOR : OVVERO QUANDO IL GIOCO SI FA DURO.

Carlo Biffani ha voluto fare piazza pulita degli stereotipi sui contractors, spesso associati alla figura del mercenario al servizio di qualche satrapo del terzo mondo, per sottolinearne la professionalità in contesti complicati e pericolosi, dove spesso vengono chiamati dalle grandi aziende sia in via di difesa preventiva sia per assistenza e supporto il loco che per sbrogliare casi difficili e/o ad altissimo rischio.

Intervento di Carlo Biffani : AD SECURITY CONSULTING GROUP .

“Pianificazioni di missioni – Scenari di contrasto alla pirateria marittima”

 

*GEOINTELBLOG INTERVISTE .

In questa intervista Damiano Toselli ci illustra lo stato dell’arte sui parternariati pubblici/privati nell’ottica della tutela e della protezione delle aziente italiane da attacchi dannosi da parte di concorrenti esteri e potenze straniere.

In particolare il Dott. Toselli esprime la sua soddisfazione per la ravvivata collaborazione con il Ministero degli Esteri ed in particolare con l’Unità di Crisi diretta dal Consigliere d’Ambasciata Claudio Taffuri.

Carlo Biffani ci racconta alcune situazioni “critiche” in cui un contractor professionista può venirsi a trovare suo malgrado e da cui può uscirne solo con la professionalità e l’esperienza acquisita sul campo e perché no, anche con un po’ di fortuna e molto autocontrollo.

Biffani inoltre auspica una minor diffidenza da parte degli apparati di sicurezza statali nei confronti dei contractors privati ed auspica anzi una colaborazione fattiva con essi, anche in considerazione delle sinergie proficue che si potrebbero ottenere e dei risicati budget con cui, in questi periodi di crisi profonda, le agenzie di intelligence governative devono fare i conti.

Tiriamo le conclusioni dell’ interessante e proficua giornata, che ci ha visto ospiti presso l’ Auditorium Telecom Italia, anfitrione Damiano Toselli, cui rivolgiamo un sentito ringraziamento, con  Paola Guerra Anfossi Fondatore, Comitato Scientifico e Direzione Scuola Alta Formazione Etica & Sicurezza de L’Aquila, antesignana in Italia nella formazione aziendale sulla Sicurezza nelle sue varie declinazioni – Business & Information Security, Risk & Crisis Management, Compliance, Privacy, Change Management, Corporate Social Responsability and Business Ethics – in prestigiose Università italiane come l’ UniversitàCattolica del Sacro Cuore di Milano e l’ Università Bocconi.

Il focus della riflessione è che giornate come queste aumentino la consapevolezza e la compartecipazione tra Pubblico e Privato per preservare in modo organico, sinergico e strutturale il ” Sistema Paese Italia “ e che anche l’Italia con le sue Università sia in grado di dare un’offerta formativa nel campo della Sicurezza Aziendale, a tutto tondo, all’altezza della sfida della concorrenza, non sempre leale, globalizzata.

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