Scritto da Angela Iannone | Yahoo Finanza – lun 14 ott 2013
Prelievo forzoso sui conti correnti bancari. E’successo a Cipro a marzo, attraverso un diktat della Troika imposto per evitare che l’isola precipitasse nel default. Precisando agli Stati membri della UE che il “modello Cipro” non avrebbe creato alcun precedente, contestualizzando la scelta di prelevare dai depositi sopra i 100mila euro una percentuale di circa il 38% esclusivamente a questa situazione. E invece…
L’Italia dei “peggiori della classe” ha speso quasi 60miliardi per salvare l’Eurozona. L’ultima quota versata risale a maggio, quandoIl Sole 24 Oreriportò che l’Italia aveva contribuito all’Esm –European Stability Mechanism, meglio conosciuto comeFondo Salva Stati – con circa 2,8 miliardi di euro. Cifra che si andava ad aggiungere ai 40 miliardi di euro già versati durante il governo Monti, tra il 2011 e il 2012.Una somma che l’Italia versa in questo fondo finanziario europeo per garantire la stabilità fianziaria dell’Eurozona. Uno strumento di sostegno ai paesi membri in difficoltà finanziaria che elargisce fino a 500 miliardi di euro. Ovviamente, non a fondo perduto: la restituzione si accompagna ad una serie di manovre, tagli e riforme che vanno sotto il nome diausterity. Secondo i dati della Banca d’Italia, la quota che l’Italia deve ancora versare prevede probabilmente altri 20 miliardi entro la fine dell’anno, più altri 20 nel 2014, stando agli impegni previsti con l’Europa attraverso le modifiche al Trattato di Lisbona. Una liquidità che l’Italia raccoglie principalmente tramite emissione di BTp o altri titoli a medio-lungo termine, vendendo cioè i titoli di Stato a prezzi di mercato.
Soldi che l’Italiaha versato per intevenire tempestivamente sulla situazione di Grecia, Portogallo e Irlanda, un investimento finanziario che diventerebbe perdita in caso di default del paese aiutato.Nel frattempo, però, la situazione economica italiana non permette al Paese di versare questa “rata” a cuor leggero: il debito pubblico ha superato il 130% del Pil (circa 2mila miliardi di euro) e la situazione diventerà più complicata quando dall’anno prossimo i vincoli del Fiscal Compact esigeranno la riduzione della quota in eccesso di almeno una cinquantina di miliardi.
Oltretutto, della quota versata, l’Italia non ha mai usufruito per il salvataggio – nonostante l’ex membro della Bce Lorenzo Bini Smaghine richieda da tempo l’accesso per soccorrere il sistema bancario – puntando principalmente sui tagli alla spesa pubblica, l’aumento delle tasse e altre misure drastiche. Misure che il governo Letta prevede di continuare, come annunciato dalla sua visita al Wall Street Journal di New York: il premier ha parlato di un “commissioner”, un commissario per la spending review. Un uomo incaricato ai tagli “in tutti i campi, tranne la cultura che è il nostro petrolio”, ha ribadito il premier. Il ritorno alla spending review, dunque, per rispettare gli obiettivi di bilancio intrapresi con l’Unione Europea. Ed è la stessa Unione Europea a strigliare le orecchie all’Italia: in seguito al calo del Pil dello 0,2%, è arrivato il monito delcommissario agli Affari Economici europei Olli Rehn, allarmato dagli“ultimi dati economici dell’Italia” che “non sono buoni”. Preoccupato dalle turbolenze politiche ed economiche del Paese, Rehn ha dichiarato durante la prima riunione dell’Eurogruppo dopo la pause estiva che “siamo tutti consapevoli che il governo di recente ha preso chiari impegni e sta andando avanti, ma ora è importante che eviti l’instabilità e si concentri sulle riforme economiche, perché questo è quello che le serve”.
Invece pare che l’idea del prelievo forzoso potrebbe diventare una norma da applicare a tutti i conti correnti dei 15 Paesi dell’area Euro.
La decisione arriverebbe direttamente da un report del Fondo Monetario Internazionale dal titolo “Monitor delle finanze pubbliche”: “Per porre rimedio all’esperimento fallimentare della moneta unica – scrive il Wall Street Journal – il Fondo Monetario Internazionale ha aperto alla possibilità che le autorità europee impongano un prelievo forzoso del 10% sui conti correnti di 15 paesi dell’area euro. Tanto ci vorrebbe, secondo i calcoli degli economisti, per riportare il debito sovrano del blocco ai livelli pre crisi”. Una decisione passata inosservata, riportata però da alcuni quotidiani, tra cui il greco Imerisia, che vede nel provvedimento una manovra suicida per tutti gli Stati europei interessati, oltre a provocare una fuga di capitali dalle banche europee.
“Il concetto è semplice – ribadisce il quotidiano statunitense – piuttosto che appesantire il carico fiscale delle imprese e far scendere ancora di più le buste paga, perché non andare a toccare i capitali “dormienti”?. In questo modo, attraverso il prelievo del 10% su tutti i conti correnti, sarebbero ancora una volta i cittadini a pagare la crisi del debito sovrano provocata da politiche monetarie europee sbagliate. Poco importa al FMI di inasprire ancora di più i rapporti con Bruxelles e Bce, andando ad innescare nuove e violente rivolte sociali in tutta Europa. Anzi, consapevole “che le misure drastiche non hanno avuto i risultati attesi e che non hanno portato ad una riduzione del debito pubblico”, (come si legge nel rapporto) provocando una fuga di capitali all’estero e un’elevata inflazione per via del ritardo nell’attuazione delle stesse misure, il prelievo forzoso diventa la misura necessaria per “riportare il livello del debito pubblico a livelli pre-crisi”. Come? Attraverso “un tasso di prelievo alto (10%) dei risparmi netti positivi dei nuclei familiari di 15 paesi della zona euro”.
La missione è difficile, ma non impossibile, conclude il report del Fondo, perciò fa appello all’Unione e alla Bce di prendere in considerazione l’idea che messa a confronto “con i rischi e le alternative per ridurre il debito pubblico”, come ad esempio una moratoria delle passività o l’inflazione, “è anche una sorta di tassa sul patrimonio”. Una proposta inquietante, che però per molti potrebbe essere fattibile, come afferma l’economista belga Etienne de Callatay che la considera sì “perturbante, persino scioccante e scandalosa”, ma non nega di vederla come “una alternativa alle altre misure preconizzate per uscire dalla crisi, come il ricorso all’inflazione”. Staremo a vedere.